Arriva un punto in cui ci si rende conto che, una delle cose più difficili, è “lasciar andare”.
Sto seguendo il caso di una cliente che, dopo aver raggiunto una buona posizione all’interno di una azienda, dopo quindici anni di permanenza, soffre del fatto che il tempo da dedicare alla sua famiglia, in particolare, due bimbi piccoli, non è sufficiente.
Un’attività frenetica in ufficio, molte responsabilità, collaboratori difficili da gestire, limitate gratificazioni, poche prospettive di carriera, un grande senso del dovere che si traduce nel rispondere a mail/telefonate e lavoro anche al di fuori del proprio orario (nel fine settimana!), l’hanno messa in allarme.
Ma, soprattutto e più di tutto, la mancanza di tempo da dedicare alla crescita dei propri figli. Il senso di colpa, la consapevolezza che questi anni persi non torneranno più indietro, l’hanno posta davanti al dilemma, portare avanti questo lavoro o cercare una nuova opportunità per riuscire ad avere tempo da dedicare alla famiglia?
Non è semplice arrivare a questo tipo di decisione perché dietro una posizione di lavoro, ci sono sacrifici, rinunce, ma anche soddisfazione per i risultati raggiunti, una parte di sé che si identifica con il “ruolo” ricoperto in azienda.
Noi non siamo il lavoro che svolgiamo. Ma, molto altro.
Certo, in un mondo ideale, una mamma lavoratrice, dovrebbe avere, da parte dell’azienda, maggiore flessibilità nel poter facilmente, ad esempio, lavorare da casa. Ma quando sei un “capo” in azienda, questo spesso (quasi sempre) non è possibile…
La mia cliente, dopo un grande crisi interiore, ha scelto la sua famiglia. La sto accompagnando in questa ricerca e già intravedo in lei grande serenità, solo all’idea del tempo che potrà recuperare.
Accettare che le cose non vadano come avremmo voluto, saper quali sono le nostre priorità, scegliere che cosa è importante per noi, avere la consapevolezza che non possiamo controllare tutto e che anzi, in alcuni casi, è necessario “saper lasciare andare”, è una conquista enorme.
Lasciar andare anche ciò che si è amato, ciò per cui si è lottato ma che non ci fa stare più bene, ci rende umani, fallibili, imperfetti.
Questa ci insegna la vita, ad abbracciare l’imperfezione.