Vi siete mai chiesti quando avete scelto la professione che svolgete o quella che vorreste svolgere? Come avete capito che quello sarebbe stato o vorreste che fosse il vostro mestiere?
Forse per qualcuno questa risposta non è mai arrivata ed arriverà nel tempo…
Per qualcun altro la risposta non arriverà mai perché non si è mai posto la domanda, perché la vita, gli eventi, le necessità di sussistenza hanno preso il sopravvento.
Mi si dirà che in un paese con problemi occupazionali, mai risolti da decenni, questa domanda può sembrare fuori luogo o sfrontata.
Se ci pensiamo, al contrario, se ognuno di noi riuscisse a trovare la “propria strada”, probabilmente ci sarebbero persone meno frustate nello svolgere un compito che sentono non proprio, probabilmente una persona soddisfatta svolgerebbe con efficacia ed efficienza il proprio lavoro, sarebbe in grado di trovare soluzioni, migliorare dei servizi o dei prodotti. Con un approccio orientativo, le persone scoprirebbero mestieri ai quali non avevano pensato, in alcuni casi quelli per i quali alcune aziende non trovano personale specializzato.
Se penso alle mie scelte formative e professionali, direi che mi sono affidata all’intuito ed ad una discreta consapevolezza di me, nel capire ciò per cui ero più o meno portata.
Ricordo che quando ho scelto di iscrivermi in Scienze Politiche, ha contato moltissimo la presenza dell’indirizzo Sociologico, di qualcosa che avesse a che fare con le persone, che per me valeva più di tutto il resto. Ricordo che, non essendo una brillante studentessa al liceo classico (per una serie di motivi che qui non mi dilungo a narrare), avrei voluto iscrivermi in Psicologia ma la presenza di un test psicoattitudinale mi scoraggiò, facendo dire alla mia voce interiore: “Non ce la farai mai, con il voto basso che hai preso alla maturità, dove devi andare?”
Anni dopo, la mia perseveranza, il fatto di realizzare comunque quel conto in sospeso, mi ha dato la spinta per farmi prendere la laurea triennale in Psicologia, mentre lavoravo, dopo aver conseguito il titolo in Scienze Politiche con indirizzo Sociale. Quella stessa perseveranza mi ha dato la spinta per arrivare a svolgere la professione che svolgo, con le persone e per le persone.
Chiediamoci però, quante volte vince quella voce interiore che ti fa dire: “Non ce la farò mai….”?
Quante volte, in età adolescenziale e preadolescenziale non si ha consapevolezza di sé, ancora meno del mondo esterno, delle professioni, semplicemente di ciò che ci piacerebbe fare e che saremmo in grado di fare.
Viene da pensare a quanto conti quindi l’orientamento nelle scuole italiane, quanto si faccia concretamente per mettere in connessione profonda i ragazzi con il mondo del lavoro?
Recentemente il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha firmato il decreto (DM n. 63 del 5 aprile 2023) che prevede l’introduzione nel mondo della scuola, entro il 2023, di due nuove figure professionali: il docente tutor e l’orientatore. Le istituzioni scolastiche, ai primi di giugno, hanno comunicato i nominativi dei docenti che hanno presentato la domanda per partecipare ai percorsi di formazione.
I requisiti esperienziali richiesti ai docenti, rispetto al tema orientamento, sono preferibili e non obbligatori. Inoltre i docenti selezionati parteciperanno ad una formazione, non retribuita, attraverso moduli online fruibili per un totale di 20 ore.
Mi chiedo perché queste ore di formazione non siano retribuite, mi chiedo perché siano così poche, infine mi chiedo perché non si inserisca un Orientatore professionista (se non in ogni scuola, almeno in ogni distretto), che sia di riferimento per i docenti e che offra strumenti costanti a supporto degli studenti nell’attuare scelte consapevoli.